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Gli artisti dello spettacolo alla Scala
Collana Artisti dello spettacolo alla Scala (2002 >) a cura di Vittoria Crespi
            
L’arte è di casa a teatro. Il palcoscenico dal Rinascimento ha spalancato le porte ai grandi della pittura e della scultura. Nel XX secolo da Picasso a Burri, da Cocteau a Hockney, la lista degli artisti che hanno firmato alla Scala spettacoli memorabili è più lunga di quanto si creda e si ricordi. Nasce così, nel 2002, questa collana di monografie illustrate, agili e ricche, una galleria “tascabile” di creatori dell’immagine che sono stati scaligeri almeno una volta; uniti, come giusto, a meravigliosi scenografi, disegnatori e costumisti – da Edel a Wilson, da Luzzati a Svoboda – il cui segno sconfina nell’arte.

Formato: cm 12x17, copertina rigida.






  • Carrà alla Scala

    a cura di Vittoria Crespi Morbio

    Amici della Scala – Grafiche Step Editrice, Parma 2019

    Edizione italiana – inglese, pp. 140

    cm 12,5x17,5

    Euro 18,00




  • Roller alla Scala

    a cura di Vittoria Crespi Morbio

    Amici della Scala – Grafiche Step Editrice, Parma 2019

    Edizione italiana – inglese, pp. 248

    cm 12,5x17,5

    Euro 18,00

  • Guttuso alla Scala

    a cura di Vittoria Crespi Morbio

    Amici della Scala – Grafiche Step Editrice, Parma 2019

    Edizione italiana – inglese, pp. 208

    cm 12,5x17,5

    Euro 18,00

  • Frigerio alla Scala

    a cura di Vittoria Crespi Morbio

    Amici della Scala – Grafiche Step Editrice, Parma 2019

    Edizione italiana – inglese, pp. 246

    cm 12,5x17,5

    Euro 18,00

  • De Chirico alla Scala

    a cura di Vittoria Crespi Morbio

    Amici della Scala – Grafiche Step Editrice, Parma 2018

    Edizione italiana – inglese, pp. 211

    Euro 18,00




    Quarant'anni sono trascorsi dalla morte di Giorgio de Chirico sul quale è prevista una mostra a Palazzo Reale di Milano nel settembre 2019. Uno studio critico analizza la produzione di De Chirico alla Scala, ma anche i suoi primi lavori per Alfredo Casella e Sergej Diaghilev, i successi e l’originalità di un artista che ha creato un teatro di pittura.









  • Kokkos alla Scala

    a cura di Vittoria Crespi Morbio

    Amici della Scala – Grafiche Step Editrice, Parma 2018

    Edizione italiana – inglese, pp. 181

    Euro 18,00




    Yannis Kokkos ha collaborato alla pubblicazione che gli dedichiamo, incontrandoci e aprendo gli archivi parigini dov’è conservata la sua documentazione storica. Per la prima volta è stata elaborata la cronologia completa dei suoi spettacoli, oltre a un'analisi sul suo lavoro al Teatro alla Scala. Lo studio anticipa la mostra che il Centre National du Costume de Scène di Moulins gli dedicherà nel 2019.






  • Metlicoviz alla Scala

    a cura di Vittoria Crespi Morbio

    Amici della Scala – Grafiche Step Editrice, Parma 2018

    Edizione italiana – inglese, pp. 181

    Euro 18,00




    I centocinquant'anni dalla nascita di Leopoldo Metlicovitz saranno ricordati anche in una mostra a Trieste, la sua città natale, in diverse sedi (dicembre 2018-marzo 2019). Nella monografia fanno la loro comparsa i musicisti per quali l'artista ha disegnato i suoi celebri manifesti, oltre alle illustrazioni che ritraggono Giuseppe Verdi nell'intimità a Villa Sant'Agata nel 1900.






  • Oppo alla Scala

    a cura di Vittoria Crespi Morbio

    Amici della Scala – Grafiche Step Editrice, Parma 2018

    Edizione italiana – inglese, pp. 188

    Euro 18,00




    Protagonista della cultura degli anni Trenta, Cipriano Efisio Oppo ha lasciato un importante patrimonio di scene per la Scala di Milano, il Maggio Fiorentino di Firenze, il Teatro Reale di Roma. Le opere, di carattere monumentale, anticipano e assorbono le influenze architettoniche della sua epoca.



  • Tullio Pericoli alla Scala
    Saggio di Vittoria Crespi Morbio, Un grande disegno che si muove.
    Apparati: biografia; catalogo delle opere; cronologia degli spettacoli.
    Collana «Gli artisti dello spettacolo».
    Amici della Scala – Grafiche Step Editrice, Parma 2016.


    Edizione italiana – inglese, pp. 129.
  • Felice Casorati alla Scala
    Saggio di Vittoria Crespi Morbio, Il suono segreto del numero.

    Apparati: biografia; catalogo delle opere; cronologia degli spettacoli.

    Collana «Gli artisti dello spettacolo».

    Amici della Scala – Grafiche Step Editrice, Parma 2016.

    Edizione italiana – inglese, pp. 192.



  • Corrado Cagli alla Scala
    Saggio di Vittoria Crespi
    Morbio, Ahasvero in teatro.

    Apparati: biografia; catalogo delle opere; cronologia degli spettacoli (a cura di Giuseppe Briguglio).

    Collana «Gli artisti dello spettacolo».

    Amici della Scala – Grafiche Step Editrice, Parma 2016.






    Edizione italiana – inglese, pp. 184.



  • Berman alla Scala
    Saggio di Vittoria Crespi Morbio, Nato sotto Saturno.
    Apparati: biografia; catalogo delle opere; cronologia degli spettacoli.
    Collana «Gli artisti dello spettacolo».

    Amici della Scala – Grafiche Step Editrice, Parma 2016.


    Edizione italiana – inglese, pp. 183.





  • Alberto Savinio alla Scala
    Saggio di Vittoria Crespi Morbio, Malinconia dello sguardo.
    Apparati: biografia; catalogo delle opere; cronologia degli spettacoli.
    Collana «Gli artisti dello spettacolo alla Scala».
    Amici della Scala – Grafiche Step Editrice, Parma, 2015.

    Edizione italiana – inglese, pp. 156.



  • Ebe Colciaghi alla Scala
    Saggio di Vittoria Crespi Morbio, Alla ricerca della modernità.
    Apparati: biografia; catalogo delle opere (a cura di Giulia Belletti); cronologia degli spettacoli.
    Collana «Gli artisti dello spettacolo alla Scala».
    Amici della Scala – Grafiche Step Editrice, Parma, 2015.

    Edizione italiana, pp. 157.



  • Mario Cito Filomarino alla Scala
    Saggio di Vittoria Crespi Morbio, Le inquietudini del cuore.
    Apparati: biografia; catalogo delle opere; cronologia degli spettacoli.
    Collana «Gli artisti dello spettacolo alla Scala».
    Amici della Scala – Grafiche Step Editrice, Parma, 2015.

    Edizione italiana, pp. 137.



  • Umberto Brunelleschi alla Scala
    Saggio di Vittoria Crespi Morbio, Le petit Watteau des Champs-Elysées.
    Apparati: biografia; catalogo delle opere; cronologia degli spettacoli.
    Collana «Gli artisti dello spettacolo alla Scala».
    Amici della Scala – Grafiche Step Editrice, Parma, 2015.

    Edizione italiana – inglese, pp. 170.

  • Fabrizio Clerici alla Scala
    Saggio di Vittoria Crespi Morbio, Al servizio dell’invisibile.
    Apparati: biografia; catalogo delle opere; cronologia degli spettacoli.
    Collana «Gli artisti dello spettacolo alla Scala».
    Amici della Scala – Grafiche Step Editrice, Parma, 2014.

    Edizione italiana, pp. 175.

  • Lucio Fontana alla Scala
    Saggio di Vittoria Crespi Morbio, La pittura sta tutta nell’idea.
    Apparati: biografia; catalogo delle opere (a cura di Giulia Belletti).
    Collana «Gli artisti dello spettacolo alla Scala».
    Amici della Scala – Grafiche Step Editrice, Parma, 2014.

    Edizione italiana, pp. 67.

  • Odette Nicoletti alla Scala
    Saggio di Vittoria Crespi Morbio, Il teatro della sorpresa.
    Apparati: biografia; catalogo delle opere (a cura di Giulia Belletti);
    cronologia degli spettacoli (a cura di Caterina Carosi).
    Collana «Gli artisti dello spettacolo alla Scala».
    Amici della Scala – Grafiche Step Editrice, Parma, 2014.
    Edizione italiana, pp. 189.
  • Margherita Palli alla Scala
    Saggio di Vittoria Crespi Morbio, I giochi dell’intelligenza.
    Apparati: biografia; catalogo delle opere (a cura di Giulia Belletti);
    cronologia degli spettacoli.
    Collana «Gli artisti dello spettacolo alla Scala».
    Amici della Scala – Grafiche Step Editrice, Parma, 2014.
    Edizione italiana, pp. 123.
  • Vera Marzot alla Scala
    Vera Marzot (Milano 1931 - Roma 2012)

    Cresciuta alla scuola del costume storico di Piero Tosi (ne fu assistente sui set di Visconti), Vera Marzot ha poi svolto una personalissima ricerca che l'ha resa figura di spicco nel teatro e nel cinema italiano. I suoi costumi vivono di continue metamorfosi di colori, abbinamenti di tessuti diversi, ricerche minuziose sul dettaglio. Alla Scala hanno testimoniato il suo senso dell'eleganza spettacoli come
    Aida,
    Fetonte, Guglielmo Tell, Oberon, Lodoïska, Tosca, concepiti con Luca Ronconi. Questo libro dà anche conto per
    la prima volta dei lavori pittorici, di estrema raffinatezza, realizzati da Vera Marzot negli ultimi anni.


  • Ponnelle alla Scala
    Jean-Pierre Ponnelle (Parigi 1932 - Monaco di Baviera 1988)

    La carriera di Jean-Pierre Ponnelle, francese ma cittadino del mondo, ha pochi eguali fra i registi per la mole del lavoro creato e per il rilievo delle sedi che l'hanno accolto. I “suoi” teatri, la Scala, il Metropolitan, la San Francisco Opera, replicano tuttora spettacoli che appartengono alla leggenda. Artista completo, capace di pensare tutte le dimensioni di un allestimento in rigorosa sintonia con la musica, Ponnelle ha segnato una pietra miliare nella storia scaligera con le messinscene rossiniane dirette da Claudio Abbado, ma ha lasciato il suo segno inconfondibile in un repertorio vastissimo, da Monteverdi a Hindemith.
  • Pomodoro alla Scala
    Arnaldo Pomodoro (Montefeltro 1926)
    L'attività scenografica di Arnaldo Pomodoro si è sempre svolta in continuità con la sua opera di scultore che ha segnato l'arte del nostro tempo. Sulla scena le sue forme, le prodigiose macchine create dalla sua fantasia, la sua materia granulosa e minerale tornano e diventano evento teatrale, ricrea-zione dello spazio: così le zattere sul lago di Zurigo, il teatro aperto di Gibellina, i cantieri della Zisa a Palermo, la prigione di Opera a Milano. Alla Scala, Pomodoro mette in scena nel 2007 Teneke, prima assoluta di Fabio Vacchi per la regia di Ermanno Olmi: uno spettacolo ammiratissimo per la forza emotiva che sprigionava.
  • Georgiadis alla Scala


    Nicolas Georgiadis (Atene 1925 - Londra 2001)

    Protagonista della danza nel Novecento, Nicholas Georgiadis è scenografo e costumista di riferimento per figure come Kenneth MacMillan, John Cranko, Rudolf Nureyev. Il suo stile pit-torico, che utilizza spunti dell'architettura greco-ortodossa insieme con sfarzosi cromatismi, ha creato una forma di spettacolo che influenzerà una generazione di scenografi, da Yolanda Sonnabend a Stefanos Lazaridis. Con Nureyev, di cui questo libro ricorda i vent'anni dalla morte, Georgiadis firma alla Scala le storiche produzioni della Bella addormentata di Čajkovskij (1966), lo Schiaccianoci  (1968,
    ripreso per quarant'anni), del Don
    Chisciotte
    di Minkus (1980).



  • Mario Sironi alla Scala
    Mario Sironi (Tempio Pausania, Sassari 1885-Milano 1961), si avvia alle prime esperienze di scenografo nei teatri milanesi d'avanguardia (nel 1924 alla Piccola Canobbiana e al Teatro del Convegno).
  • Sylvano Bussotti alla Scala

    Silvano Bussotti nasce a Firenze il 1° ottobre 1931. Per tutti sarà Sylvano, una variante adottata come firma, grazie a un refuso francesizzante.

  • Boris Bilinsky alla Scala

    La parabola di Boris Bilinsky, nato nei pressi di Odessa nel 1900, morto a Catania nel 1948, prende l'avvio con la fuga dall'impero russo in dissoluzione per rifugiarsi in Germania, quindi in Francia.

  • Adolphe Appia alla Scala

    Il nome di Adolphe Appia (Ginevra, 1862-Nyon, 1928) è legato alla storia della scenografia del Novecento e ha conquistato una sfera ai confini del mito:

  • Pregliasco alla Scala
    La Scala di Eugenio de Beauharnais, dal livello musicale non memorabile, fu invece un teatro brillantissimo per la spettacolarità degli allestimenti, la modernità ardita delle macchine sceniche, lo splendore dei decori e l’eleganza dei costumi, che potevano d’un colpo dettar moda nel gran mondo, riassorbendone a propria volta il tono. Di quella Milano, affaccendata a inanellare Cantate per la Pace, per la Guerra, per la Vittoria, Giacomo Pregliasco (1758-1825) fu lo stilista onnipresente. I suoi abiti di scena per le pantomime e le opere liriche serbano una freschezza, una leggiadria senza tempo, un’armoniosità classica di tinte marezzata dalle lusinghe della vanity fair contemporanea. In un decennio alla Scala lasciò un’impronta spiccatissima, prima di partire per Napoli alla ricostruzione del Teatro di San Carlo.
  • Vespignani alla Scala
    I bozzetti e i figurini di Renzo Vespignani (1924-2001) sono molto più che un capitolo all’interno della sua vasta produzione pittorica. Sono veri e propri quadri il cui peso specifico è tale da contenere molte tematiche tipiche di questo artista: l’indagine sulla materia organica e sulle sue metamorfosi, il senso panico della natura, la spettacolare varietà di umori che trascolorano sulle mille maschere dell’essere umano. Nel mondo dionisiaco e tragico di Hans Werner Henze (I Bassaridi, 1968) o nel respiro naturalistico della Jenůfa di Janáček (1974), la genialità delle soluzioni scenografiche ideate per il Teatro alla Scala rivela, una volta di più, l’ingegno poliforme di un pittore da riscoprire.



  • Beaton alla Scala
    Fotografo tra i più celebrati del Novecento, ma anche diarista, scrittore, giornalista, disegnatore, scenografo per il cinema e il teatro, conversatore leggendario e irriducibile dandy, Cecil Beaton (1904-1980) ha attraversato il proprio tempo lasciando un’impronta personalissima di stile, senza la quale il concetto di glamour sarebbe cosa vaga. Il Teatro alla Scala ha ospitato due suoi allestimenti di balletto, prodotti insieme con coreografi del prestigio di Balanchine e Ashton. Il lago dei cigni (1953) e Marguerite and Armand (1966), con l’indimenticabile coppia Margot Fonteyn-Rudolf Nureyev, testimoniano il fascino sprigionato dal protagonista più british della cultura internazionale.
  • Aulenti alla Scala
    Figura cardine dell’architettura contemporanea e del design, Gae Aulenti  si è prestata al teatro d’opera per una serie di spettacoli, spesso in collaborazione con Luca Ronconi, che sono rimasti leggendari. Il repertorio affrontato sul palcoscenico della Scala spazia da Rossini a Stockhausen, da Rimskij-Korsakov a Berg, per culminare nella celebre Elektra di Richard Strauss (1994) allestita tra le fredde pareti di un mattatoio sacrificale: sempre con la cifra di asciutta eleganza e di rigore volumetrico che distinguono Gae Aulenti in ogni disciplina.
  • Chagall alla Scala
    La vena lirica e visionaria di Marc Chagall (Vitebsk, Bielorussia, 1887 – Saint-Paul de Vence, 1985) trova uno sbocco privilegiato nel mondo dei teatri. Il soffitto dell’Opéra Garnier di Parigi e i pannelli del Metropolitan Opera di New York celebrano un’apoteosi di colori e segni che si trasformano in ebbrezza musicale, in felicità di esistere. Alla Scala è destinata la scenografia del balletto di Ravel Daphnis et Chloé (1975). Il palcoscenico è inondato dal celebre blu dell’artista, fra pesci volanti, amanti intrecciati e mondi capovolti. La danza se ne sprigiona.

  • Gontcharova alla Scala
    Amazzone del pennello, Nathalie Gontcharova (Nagaïévo presso Tula, 1881 – Parigi, 1962) partecipa all’avventura delle avanguardie parigine dopo la fuga dalla Russia rivoluzionaria, s’impegna politicamente a sinistra e spicca il volo sotto lo sguardo vigile di Djagilev. Attraverso il recupero delle proprie origini stilistiche nel primitivismo russo, troverà una sintesi originalissima, fatta di colori puri e di forme asciutte e stagliate, cui sarà fedele come una combattente mai doma. Lascia un segno alla Scala in allestimenti stravinskiani che faranno storia.

  • Samaritani alla Scala
    Ultimo grande epigono della scena teatrale dipinta, erede della scuola ottocentesca filtrata dalla moderna sensibilità di Lila De Nobili, Pier Luigi Samaritani (Novara, 1942 – Roma 1994) è un tradizionalista trasgressivo. Bandisce dalle scenografie ogni elemento folclorico e superficiale, e attraverso una lunghissima serie di spettacoli rimasti celebri edifica la propria poetica della nostalgia. I mondi più diversi, dalla Spagna della Carmen alla Russia di Onegin, sono filtrati da una sensibilità crepuscolare e malinconica di finissima squisitezza.

  • Sciltian alla Scala
    Esule armeno prima a Parigi e poi in Italia, Gregorio Sciltian (Rostov, 1900 – Roma, 1985) attraversa il secolo dell’astrattismo e dell’informale come un outsider. Fedele ai canoni pittorici intesi a riprodurre il reale, cesella il proprio stile con la pazienza, la ricercatezza, lo scrupolo meticoloso di un fiammingo del Seicento, smarritosi in un altro mondo. Ogni minuscolo dettaglio acquista una fissità quasi metafisica, sia nei numerosi ritratti lasciatici, sia negli allestimenti teatrali di Donizetti, Schubert, Weber e Stravinskij, che pure squillano come divertimenti dai colori accesi.

  • Borovsky alla Scala
    Formatosi in Ucraina e attivo con Jurij Ljubimov nell’avventura avanguardistica del teatro moscovita della Taganka, David Borovsky (Odessa, 1934-Bogotà, 2006) ha firmato la scenografia di allestimenti celeberrimi in Europa e negli Stati Uniti, destinando alla Scala la rivoluzionaria partitura visiva di Al gran sole carico d’amore di Luigi Nono (1975) e l’immensa icona sovrastante il Boris Godunov di Musorgskij (1979), oltre ad altre realizzazioni nel nome di Musorgskij e Čajkovskij.

  • Chini alla Scala
    Pittore, scenografo, decoratore di solidissimo mestiere, Galileo Chini (Firenze, 1873-1956) dedica al mondo del teatro una parte cospicua della propria attività, illustrando i drammi di Sem Benelli e firmando allestimenti prestigiosi sui palcoscenici lirici.
    Il suo gusto misurato e sobrio cede alla fascinazione dell’Oriente in più occasioni, e si ribalta in visionarietà fantastica nella storica prima edizione della Turandot pucciniana, diretta da Toscanini alla Scala nel 1926.

  • Fiume alla Scala
    L’universo di Salvatore Fiume (Comiso, 1915-Milano, 1997) esplora il mito, la presenza del cavaliere e la calda sensualità femminile che approdano sulle immaginarie isole dell’artista, pronte ad accogliere anche gli archetipi teatrali di Medea, Prometeo e Norma. Con la sua sensibilità concreta e materica eppure preziosa, con la cromia densa ma brillante, Fiume destina alla Scala un numero cospicuo di allestimenti tra cui spicca il paesaggio pietrificato della Medea di Cherubini con Maria Callas (1953).

  • Manzù alla Scala
    Amico personale di Stravinskij, Giacomo Manzù (Bergamo, 1908-Roma, 1991) ne accompagna le sorti sul palcoscenico della Scala firmando gli allestimenti di Œdipus Rex (1964) e dell’Histoire du soldat (1966-1970).
    La sua concezione della «musica nello spazio», mediata dai giochi della luce, trova forma in bozzetti-collages e in modellini, di argilla dai colori chiari e gessosi, scatole luminescenti che tradiscono l’amore per la materia e alludono al gesto scenico.


  • Cocteau alla Scala
    Suscitatore e catalizzatore di tutta la cultura francese del Novecento, Jean Cocteau (Maisons-Laffitte, 1889-Milly-la-Forêt, 1963) regala alla Scala il proprio talento di scenografo.
    Il suo segno rado e luminoso, l’asciuttezza del tratto, l’eleganza e il nitore dei suoi spazi accolgono le musiche del balletto La dame à la licorne (musiche del XV e XVI secolo elaborate da Chailley, 1965), e compongono la stanza soffocante e chic dove la protagonista di La voix humaine di Poulenc (1959) insegue al telefono un amore impossibile e incontra la morte.

  • Fornasetti alla Scala
    Centinaia di artisti hanno portato il proprio mondo sul palcoscenico della Scala, ma nessuno come Piero Fornasetti (Milano, 1913-1988) ha disseminato l’identità della Scala su infiniti oggetti, suppellettili, pezzi di arredo, elementi di vestiario.
    Il logo, i capitelli, il sipario, le locandine della Scala entrano nel suo caleidoscopio e si irradiano sino a toccare gli ambiti più imprevedibili.
    Per la Scala, Fornasetti firma il delizioso allestimento di Amelia al ballo (1954) con la musica di Gian Carlo Menotti.


  • Landriani alla Scala
    Nella Milano napoleonica confluiscono i maggiori talenti del teatro italiano: compositori come Rossini, coreografi come Viganò e Gioja.
    Paolo Landriani (Milano, 1757-1839), scenografo e teorico della scenografia, è l’artista che incarna il gusto, l’estetica, l’indirizzo stilistico di tutta un’epoca: sul palcoscenico della Scala, sera dopo sera, scorrono le sue ampie, misurate, auguste vedute neoclassiche. Per la prima volta una monografia ne racconta la storia.

  • Zuffi alla Scala
    Spirito eclettico e inquieto, Piero Zuffi (Imola, 1919-Roma, 2006) accoglie le più disparate eredità, dal teatro elisabettiano alla tradizione nipponica, e le trasmuta in una personalità di scenografo fantasiosa, tesa a sperimentare di continuo, dispersiva per eccesso di talento.
    Alla Scala firma spettacoli rimasti celebri collaborando con Maria Callas, Carlo Maria Giulini, Luchino Visconti. Tentato dal cinema, dissiperà il proprio patrimonio artistico e chiuderà tragicamente la propria avventura.

  • Buzzati alla Scala
    Non pago di essere scrittore, giornalista, drammaturgo e pittore, Dino Buzzati (San Pellegrino, Belluno, 1906-Milano,1972) regala il proprio talento, dal 1954, alla scenografia teatrale. Per la Scala allestisce due balletti e un’opera, rinsaldando attraverso la propria fantasia figurativa un forte legame con il compositore Luciano Chailly. Le scenografie di Buzzati scatuiscono dall’immaginazione ilare e inquieta del proprio autore: le abitano, più che le maschere del teatro, i fantasmi, le silhouette erotiche, i burattini dell’assurdo che popolano i suoi romanzi. E il segno grafico è incisivo, originalissimo, scalfito col pennino del paradosso.

  • Luzzati alla Scala
    Suscitatore di fiabe, racconti, fantasie, sogni, atmosfere, Emanuele Luzzati (Genova 1921-2007) conosce come nessun altro scenografo contemporaneo l’arte di narrare attraverso il gesto della grafica. I suoi inconfondibili personaggi mettono in scena, al solo vederli, una storia: mille ne hanno da raccontare in sei decenni di attività.
    Decano del teatro italiano, Luzzati ne è al contempo uno fra i più vivaci e attivi protagonisti. Alla Scala ha messo in scena figure mitiche, da Don Chisciotte a Pulcinella agli amanti di Verona: le ha rese complici di un gioco multiforme, coloratissimo, dove si anima e sorride la compiutezza della vita.

  • Malclès alla Scala
    Alla Scala, nel dopoguerra, si respira aria di Parigi: Poulenc è ospite frequente, il repertorio accoglie volentieri i titoli di Ravel o di Saint-Saëns, e dalla prestigiosa tradizione del teatro francese sciamano a Milano registi e scenografi.
    Figlio del Midi, Jean-Denis Malclès (Parigi, 1912-2002) incarna in realtà l’esprit parigino come pochi altri.
    I suoi allestimenti, da L’heure espagnole di Ravel a Les mamelles de Tirésias di Poulenc (ma aveva cominciato con l’omaggio a una grande attrice della Comédie Française, Adriana Lecouvreur), scintillano per chic e joie de vivre, tanto più lievi quanto più saldo è il «mestiere» che li informa.

  • Marini alla Scala
    Una mostra d’arte presso la galleria di Curt Valentin, a New York, 1950. Lì si incontrano per la prima volta due protagonisti della cultura del Novecento, Igor Stravinskij (Lomonosov, 1882-New York, 1971) e Marino Marini (Pistoia, 1902-Viareggio, 1980). Figure diversissime, si capiranno subito e diverranno amici,
    Marino omaggia Stravinskij più volte attraverso sculture e disegni, ma soprattutto ne interpreta la poetica firmando le scene della Sagra della primavera (1972) che la Scala produce subito dopo la morte del compositore. Astratte e arcane nel segno, agitate da una violenza quasi fauve e da tragiche ombre, le tavole di Marino sono un capolavoro a commento di un altro capolavoro.


  • Ceroli alla Scala
    Mario Ceroli (Castel Frentano, Chieti, 1938) inizia a plasmare sculture in ceramica, ma ben presto riconosce nel legno il proprio destino. Le sagome asciutte e monumentali delle opere lignee gli hanno assegnato un ruolo di primo piano nell’arte contemporanea.
    Per il teatro, dopo il debutto quale scenografo per un
    Riccardo III con la regia di Ronconi (1968), l’artista firma spettacoli memorabili come la Norma di Bellini, prodotta alla Scala nel 1972.
    Dolmen ieratico e arborescenza misteriosa, tempio e foresta, animato da raggi di luce, il solido ligneo di Ceroli rappresenta un unicum irripetibile e di grande fascino.

  • Leonor Fini alla Scala
    Donna bellissima, di fascino magnetico e pericoloso, Leonor Fini (Buenos Aires, 1908-Parigi, 1996) incede nell’arte del Novecento, regale, solitaria e scontrosa come un gatto di razza, e le donne-gatto saranno la presenza più fitta nel bestiario surreale e immaginifico della sua pittura, fra donne-uccello e donne-fiore.
    Presentata diciottenne a New York da De Chirico, adorata da Éluard, fotografata in mille situazioni che ne rivelano il delizioso egocentrismo, Leonor è una pittrice dallo stile inconfondibile: i suoi sogni e il suo immaginario erotico passano come un brivido sul palcoscenico della Scala, fra il 1951 e il 1963, con la musica di Cimarosa, Mozart e di Jean Françaix.

  • Titina Rota alla Scala
    Titina Rota (Milano, 1899-Roma, 1978), cresciuta in una famiglia musicalissima (il cugino è il compositore Nino Rota), lei stessa promettente violinista, è iniziata al palcoscenico da Giovanni Grandi, scenografo della Scala.
    Al teatro, e a figure teatrali leggendarie come Tatjana Pavlova o Max Reinhardt, la Rota affida il proprio tocco grazioso e fantasioso, costumi che sono gioielli dello stile déco, invenzioni spesso ironiche e smagate. Passerà poi al cinema, con Gallone e Camerini, e al giornalismo, con la direzione del settimanale “Grazia”.
    Il suo ultimo spettacolo è Il telefono di Menotti, al Festival di Venezia del 1948.
    Poi Titina si ritira ad Anacapri, per dedicarsi interamente alla pittura.

  • Wakhevitch alla Scala
    Odessa, 1907-Parigi, 1984: le due date che racchiudono l’esistenza di Georges Wakhevitch individuano un percorso tipico di quella folla di émigrés sfuggiti alla rivoluzione russa e giunti a popolare l’Occidente di sogni e invenzioni fantastiche: da Diaghilev a Erté. Felicissima mano pittorica, Wakhevitch firma il proprio spettacolo come scenografo ancor prima di compiere diciotto anni. Non si fermerà più: cinquecento allestimenti per il palcoscenico e centoquaranta film compongono un catalogo impressionante per vastità e qualità intrinsceca. Molte «prime» mondiali o italiane alla Scala recano la firma di Wakhevitch, dal Console di Menotti (1951) ai Dialoghi delle carmelitane di Poulenc (1957).

  • I Galliari alla Scala
    Sudditi devoti di Maria Teresa d’Austria (ma anche del re di Spagna o di Napoleone, quando Milano passò sotto il loro imperio), i fratelli Galliari (Bernardino, Fabrizio e Giovanni Antonio) assieme ai figli e ai nipoti consolidarono il proprio regno nel mondo del teatro, insediandovisi come una vera e propria dinastia.
    Pittori, affrescatori, architetti della scena, decoratori, figurinisti, i Galliari stabilirono l’immagine dei palcoscenici milanesi per mezzo secolo: furono loro a firmare la scenografia dell’opera che inaugurò la Scala nel 1778: Europa riconosciuta di Antonio Salieri.


  • Picasso alla Scala
    Genio onnivoro e traboccante, Pablo Picasso (Malaga, 1881-Mougins, 1973) lasciò il proprio segno in tutti gli ambiti artistici toccati: al teatro si accostò durante la stagione leggendaria dei Balletts Russes di Sergej Diaghilev e della propria poetica neoclassica fece il corrispettivo in immagine delle musiche di Stravinskij o di Falla. Pucinella e Il cappello a tre punte, i due balletti con scene e costumi di Picasso accolti nel repertorio della Scala, sono l’occasione per indagare la passione dell’artista per l’Italia, i rapporti con il coreografo Massine e con Stravisnkij, il «musicista cubista».


  • Ratto alla Scala
    Prima di partire per il Brasile, il giovane Gianni Ratto (Milano, 1916-San Paolo, 2005) ha firmato per Milano scene e costumi di allestimenti rimasti leggendari. Ha condiviso con Strehler l’apertura del Piccolo Teatro (L’albergo dei poveri di Gor’kij, 1947) e la stagione aurea della riapertura della Scala dopo la guerra, debuttandovi con La traviata nel 1947.
    Le sue leggiadre architetture sceniche, il suo segno coloristico toccato dalla grazia, la sua estetica luminosa rinnovano oggi il proprio incanto.


  • Wilson alla Scala
    Suscitatore e dominatore di armonie perfette, mago dell’astrazione scenica che annulla ogni residuo di realismo, Robert Wilson (Waco, Texas, 1941) è uno dei grandi nomi del teatro contemporaneo.
    Le sue pantomime raggelate, giocate su raffinatissimi effetti di luce e su diafane pellicole di colore, hanno sedotto il pubblico della Scala accompagnandosi alla musica di Richard Strauss (Salome, 1987) e di Giacomo Manzoni (Doktor Faustus, 1989).

  • Foujita alla Scala
    Giapponese divenuto simbolo di Parigi, amico di Modigliani, Apollinaire, Picasso, protagonista delle “Années folles” di Montparnasse, Foujita (Edogama, 1886-Zurigo, 1968) visse con sfrenato amore un esotismo alla rovescia.
    Con i suoi nudi e con le sue nature morte, che spesso accolgono la figura umana, pagò il suo tributo all’Occidente che lo aveva ammaliato e accolto, per recuperare poi, nell’ultima fase della vita, la grande eredità dell’arte giapponese.
    A questo tardo periodo appartengono scene e costumi per Madama Butterfly, realizzata alla Scala nel 1951: un capolavoro mai finora analizzato e pubblicato, dove si riflette l’intera percezione estetica dell’artista.


  • Hockney alla Scala
    Le piscine, gli interni californiani, i paesaggi, i ritratti di David Hockney (Bradford, 1937) hanno contribuito alla definizione della pop-art diventando icone del mondo contemporaneo. Il celeberrimo pittore britannico è però anche un uomo di teatro: appassionato di lirica, ha firmato spettacoli ammirati sul palcoscenico del Metropolitan di New York, del Covent Garden, del Festival di Glyndebourne. A Milano, Hockeny ha portato due allestimenti rimasti leggendari, The Rake’s Progress di Stravinskij (Teatro Lirico, 1979) e Die Zauberflöte di Mozart (Teatro alla Scala, 1985). Coltissime nei riferimenti e nelle citazioni nascoste, inconfondibili nella cifra stilistica, sono due fantasmagorie che rientrano a pieno diritto nel catalogo di uno dei più amati artisti viventi.

  • Svoboda alla Scala
    Architetto per formazione, influenzato dal costruttivismo russo e dalle terorie sceniche di Adolphe Appia, Josef Svoboda (Caslav, 1920-Praga, 2002) ha contribuito all’avanguardia scenografica del Novecento con la sua attività presso il Teatro Nazionale di Praga e, dal 1973, presso il gruppo leggendario di «Lanterna Magika», nello stesso tempo lavorando per i più prestigiosi teatri internazionali.
    I suoi allestimenti costruiti intorno a metafore spesso geniali, talora provocatorie, hanno suscitato innumerevoli dibattiti. Con Cardillac (1964) di Hindemith, e poi con la lunga serie di spettacoli seguiti dallo storito Atomtod di Manzoni (1965), i sipari di luce, gli specchi, gli schermi multipli di Svoboda hanno animato il palcoscenico della Scala segnando un clima culturale irrepetibile.

  • Usellini alla Scala
    A un mondo immaginario fatto di folletti, monachelle, diavoli svolazzanti e sgambettanti, Gianfilippo Usellini (Milano, 1903-Arona,1971) dava più credito che al mondo «reale». Formatosi nel clima culturale di «Novecento» e tenacemente appassionato dell’arte rinascimentale, Usellini ha immerso le sue creature fantastiche in un microcosmo fatto di ambiguità e sorprese, umorismo e inquietudine. Ne ritroviamo il profilo attraverso gli allestimenti firmati per il Teatro alla Scala, dal Nazzareno di Perosi (1950) al Combattimento di Tancredi e Clorinda di Monteverdi-Ghedini (1951), sino alla Figlia del diavolo di Mortari (1954) e alla Notte di un nevrastenico di Nino Rota (1960). Per la prima volta, l’attività di Usellini scenografo lirico viene indagata e documentata.

  • Burri alla Scala
    Nome centrale nella storia dell’arte contemporanea, Alberto Burri (Città di Castello, Perugia, 1915-Nizza, 1995) si dedica al teatro in rarissime occasioni.
    Il suo debutto nel campo della scenografia avviene per il Teatro alla Scala, con i bozzetti e i figurini per il balletto Spirituals per orchestra di Morton Gould (coreografia di Pistoni, 1963). I temi biblici dell’opera (la sofferenza di Cristo, la pietà della Vergine, la redenzione della peccatrice) risuonano nei ritmi astratti della coreografia e nei fortissimi contrasti cromatici pensati da Burri: i lampi del rosso e del nero accostati al fondo materico.


  • Edel alla Scala
    Scenografo
    e costumista celeberrimno negli ultimi decenni dell’Ottocento, Alfredo
    Edel (Colorno, Parma, 1856-Parigi, 1912), crea spettacoli il cui fasto
    rimane leggendario: il ballo Excelsior di Marenco (coreografia di
    Manzotti, Teatro alla Scala, 1881), Medgé di Spiro Samara (coreografia
    di Grassi, Roma, Teatro Costanzi, 1889) e Rodope di Giorza (coreografia di Grassi, Teatro alla Scala, 1892), con il loro fantastico profumo orientale.
    Nell’ultima
    parte della sua vita, Edel stempera la tipica vivacità del tratto con
    una grazia sottile, languida e ironica: ecco i figurini deliziosi per
    Bacco e Gambrinus di Marenco (coreografia di Pratesi, Teatro alla Scala,
    1904) e quelli concepiti per i divertissements del parigino Théâtre des Variétés (1905).


  • Ponti alla Scala
    Figura capace di abbracciare diverse discipline (pittura, grafica, design, editoria e arti applicate e soprattutto architettura) con un approccio originale, Gio Ponti (Milano, 1891-1979) assomma tutte le esperienze al momento di affrontare il teatro.
    Nei suoi disegni scenici sono predominanti la razionalità della progettazione, la ricerca del colore, l’essenzialità della linea grafica. Lo testimoniano gli spettacoli realizzati per il Teatro alla Scala, il balletto Festa romantica di Piccioli (1944) e Orfeo di Gluck (1947), come pure i progetti rimasti incompiuti, Mondo tondo di Porrino (1945) e Mitridate Eupatore di Alessandro Scarlatti (1954).
  • Tosi alla Scala
    Teatro e cinema sono i due poli fra i quali si divide, nei primi anni di attività, Piero Tosi (Sesto Fiorentino, 1927). Gradualmente, il grande schermo ne assorbirà l’intero profilo di costumista, grazie alle leggendarie collaborazioni con Visconti, Fellini, Bolognini, Zeffirelli, Liliana Cavani.
    Al Teatro alla Scala il giovane Tosi dedica nel 1955 uno spettacolo raffinatissimo e innovativo, rimasto nella memoria collettiva: i suoi sono i costumi e le scene della Sonnambula di Bellini con Maria Callas, per la regia di Visconti e la direzione di Leonard Bernstein.